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C’è meno ciccia. Nell’Adci tante le aspettative. Più deludenti i risultati

04/02/2011

C’è bisogno di cambiamento. Lo pensa Federica Ariagno. Perché la creatività è cambiata , ma il club ancora no. Quando nacque era l’unico riferimento per i creativi italiani. Ora ne esistono molti altri che, con le loro prospettive globali, hanno modificato le priorità. E poi c’è il tema della rilevanza. Non solo annual, dunque. Il compito dell’Adci dovrebbe anche essere la rappresentatività all’esterno, con azioni quotidiane, capillari, per una presenza in tutto quanto fa parte del mondo guardato dai clienti. Senza esagerare con il problema delle finte campagne. 

Possono, infatti, rappresentare la volontà di alzare l’asticella creativa, diventare benchmark, forti della concessa evasione dalle regole del lavoro ordinario. E poi, chi se le può permettere? Non certo chi vuole lavorare servendo la costruzione di valore per il cliente. Ben venga, quindi, la sperimentazione, ma quella che significa ricerca di nuovi meccanismi e modi per comunicare sintonici agli obiettivi dei brand in portafoglio. 

Al microfono di youmark Federica Ariagno, creative chairman AUGE.

 

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